Questa settimana proponiamo il contributo del dott. Sergio Paris, partner presso Simmetrix Srl e docente presso la Luiss Business School, che ripercorre le misure di sostegno finanziario a favore delle imprese previste dei decreti Cura Italia, Liquidità e Rilancio.

Dopo una lunga attesa, il 19 maggio è finalmente approdato in Gazzetta Ufficiale il Decreto “Rilancio” (D.L. 34/2020), così ribattezzato per trasmettere l’auspicato contributo alla ripresa economica dopo l’avvio della Fase 2.

Il D.L. “Rilancio” costituisce il terzo e ultimo tassello degli interventi governativi con cui si mira ad arginare la crisi di liquidità delle imprese italiane, collocandosi a valle del Decreto “Cura Italia” (D.L. 17 marzo 2020, n. 18)[1] e del successivo Decreto “Liquidità” (D.L. 8 aprile 2020, n. 23).

Nel presente contributo ripercorriamo sinteticamente le previsioni normative dei tre citati decreti, limitatamente alle misure di sostegno finanziario volte a favorire il consolidamento e la raccolta di capitale di debito (mediante garanzie pubbliche su finanziamenti bancari) e, da ultimo, a incentivare la ricapitalizzazione delle imprese.

Le prime misure – i D.L. “Cura Italia” e “Liquidità”

Il primo e più immediato intervento volto a tamponare l’emorragia di liquidità nella fase di lock-down è contenuto nell’art. 56 del Decreto “Cura Italia”, che ha introdotto la possibilità per le PMI e per i lavoratori autonomi danneggiati dall’epidemia di avvalersi di una moratoria su tre tipologie di finanziamenti:

  1. le aperture di credito a revoca e gli anticipi su crediti, per i quali è stata inibita la possibilità di revoca degli affidamenti in essere al 29/02/2020 (o se superiori al 17/03/2020), fino alla data del 30 settembre 2020;
  2. i prestiti non rateali, per i quali è stata automaticamente prorogata al 30 settembre 2020 la durata dei finanziamenti in scadenza;
  3. i contratti di mutuo e leasing, per i quali è stato sospeso, sempre fino al 30 settembre 2020 (compreso), il pagamento dell’intero importo delle rate in scadenza, o della sola quota capitale su richiesta del cliente, con conseguente pari allungamento del piano di ammortamento.

Al fine di attenuare i rischi in cui incorre il sistema bancario, per effetto dell’inevitabile aumento della probabilità di insolvenza durate il periodo della moratoria, il Decreto ha previsto l’intervento del Fondo di garanzia per le PMI, chiamato a fornire una copertura sul 33% delle esposizioni oggetto di moratoria (nel caso delle aperture di credito sulle esposizioni incrementali).

Ed è proprio attorno al ruolo del Fondo PMI che ruotano alcune delle misure di maggiore rilievo con cui si promuove la raccolta di nuovo funding da parte delle piccole e medie imprese italiane. Come previsto dall’art. 13 del Decreto “Liquidità”, che ha riscritto integralmente l’art. 49 del Decreto “Cura Italia”, è stato previsto fino al 31 dicembre 2020:

  • l’accesso gratuito alla garanzia del Fondo, grazie all’azzeramento sia delle commissioni previste in caso di accensione della garanzia sia di quelle per il mancato perfezionamento delle operazioni;
  • l’estensione dell’operatività del Fondo alle midcap, innalzando a 499 unità la numerosità massima di dipendenti delle imprese richiedenti;
  • l’aumento a 5 milioni di euro dell’importo massimo garantibile per singola impresa (con l’ulteriore possibilità di accesso ai finanziamenti garantiti da SACE, di cui si dirà a breve, per le imprese che abbiano esaurito il plafond di accesso al Fondo);
  • nuove e superiori aliquote di copertura, che possono raggiungere ora anche il 100% dell’importo finanziato[2];
  • la sospensione dell’utilizzo del modello di rating del Fondo, con conseguente ammissione automatica alla garanzia per le imprese che rispettano i requisiti normativi e superano il vaglio del merito creditizio del finanziatore[3];
  • l’introduzione della possibilità di fruire della garanzia del Fondo anche da parte delle imprese che hanno posizioni classificate come “inadempienze probabili” o “esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate”, purché tale classificazione non sia precedente al 31 gennaio 2020, precludendo così l’accesso alle sole imprese classificate a “sofferenza”.

Alle misure di potenziamento del Fondo PMI si è poi aggiunto l’intervento di ridisegno dell’operatività di SACE, che ora è chiamata a prestare garanzie sui finanziamenti erogati a tutte le imprese italiane colpite dalla crisi, a prescindere dalla dimensione, disponendo di una controgaranzia dello Stato Italiano. Il Decreto Liquidità ha disposto che nel 2020 SACE potrà infatti garantire finanziamenti fino a 200 miliardi di euro[4], con le seguenti aliquote di copertura:

  • 90% per le imprese che abbiano un fatturato 2019 non superiore a € 1,5 miliardi di euro[5] e un numero di dipendenti in Italia inferiore a 5.000 unità;
  • 80% per le imprese che abbiano fatturato compreso fra € 1,5 e 5 miliardi di euro oppure più di 5.000 dipendenti in Italia;
  • 70% per le imprese con un fatturato superiore o uguale a 5 miliardi di euro.

È bene ricordare che l’importo massimo della garanzia concessa da SACE corrisponde al maggior valore fra il 25% del fatturato 2019 dell’impresa richiedente e il doppio del costo del personale sostenuto nel medesimo esercizio[6]. Un ulteriore vincolo previsto dai finanziamenti garantiti da SACE consiste poi nella destinazione delle risorse, che devono essere utilizzate esclusivamente per sostenere costi del personale, investimenti o capitale circolante impiegati in stabilimenti produttivi e attività imprenditoriali localizzati in Italia, nonché nel duplice impegno a non distribuire dividendi nel 2020 e a gestire i livelli occupazionali attraverso accordi sindacali.

Le novità introdotte dal D.L. Rilancio

La principale novità introdotta dal D.L. Rilancio consiste nel tentativo di andare oltre il sistema dei finanziamenti bancari garantiti, che presenta evidentemente il rischio di accrescere eccessivamente il grado di leverage delle imprese compromettendone l’equilibrio finanziario nel medio periodo, mediante contributi a fondo perduto e incentivi fiscali alla ricapitalizzazione delle imprese. Nel far questo è stata adottata una segmentazione delle imprese in base all’entità dei ricavi del periodo d’imposta 2019, stabilendo:

  1. per le imprese e i lavoratori autonomi sotto la soglia di 5 milioni: un contributo a fondo perduto, riconosciuto in caso di diminuzione di almeno un terzo dei ricavi del mese di aprile del 2020 rispetto al medesimo periodo del 2019, da calcolarsi sull’entità della diminuzione dei ricavi applicando l’aliquota del 20% (in caso di ricavi 2019 non superiori a 400mila euro), oppure del 15% (nell’intervallo fra 400mila e un milione di euro) oppure ancora del 10% (nel range 1-5 milioni di euro);
  2. per le società di capitali di medie dimensioni (con ricavi fra 5 e 50 milioni): un sistema di incentivi fiscali finalizzato alla ricapitalizzazione, fruibile dalle imprese che, avendo subito una diminuzione in misura non inferiore al 33% dei ricavi del bimestre marzo-aprile 2020 rispetto al medesimo bimestre del 2019, effettuino un aumento di capitale esclusivamente a pagamento e integralmente versato nel periodo compreso fra il 19/5/2020 (data di entrata in vigore del Decreto) e il 31/12/2020. Il beneficio fiscale è duplice e si applica:
    1. ai soci (sia persone fisiche che giuridiche) sotto forma di credito d’imposta del 20%;
    2. alle società emittenti nella forma di un credito d’imposta pari al 50% delle perdite eccedenti il 10% del patrimonio netto, fino a concorrenza del 30% dell’aumento di capitale e, comunque, fino a un massimo di 800 mila euro[7].

Di particolare interesse è la previsione di un meccanismo, ribattezzato come “Pari Passu”, che prevede l’intervento del neo costituito “Fondo Patrimonio PMI” gestito da Invitalia, finalizzato a sottoscrivere entro il 31 dicembre 2020 obbligazioni subordinate di nuova emissione delle società che hanno effettuato le ricapitalizzazioni, nella misura massima pari al minor importo fra il 300% dell’aumento di capitale e il 12,5% del fatturato 2019 dell’impresa.

  1. per le società con fatturato annuo superiore a 50 milioni: la possibilità di un futuro intervento nel capitale da parte di CDP S.p.A., che è stata autorizzata a costituire un patrimonio destinato denominato “Patrimonio Rilancio”, grazie ad apporti conferiti dal MEF nella misura massima di 44 miliardi nell’anno 2020. Tale Patrimonio, che cesserà decorsi dodici anni dalla costituzione, potrà essere investito nelle imprese con fatturato superiore a 50 milioni, operando in via preferenziale mediante:
  2. la sottoscrizione di obbligazioni convertibili;
  3. la sottoscrizione di azioni di nuova emissione;
  4. l’acquisto di azioni quotate sul mercato secondario, in caso di operazioni di rilevanza strategica.

Le novità dell’ultimo Decreto, se da un lato presentano l’indubbio merito di correggere il tiro rispetto ai precedenti interventi governativi, esclusivamente orientati a favorire l’iniezione di capitale di debito, sollevano qualche perplessità sulla reale futura efficacia delle misure di ricapitalizzazione. Proprio le imprese di minore dimensione, che tipicamente scontano la maggiore sottocapitalizzazione e la correlata eccessiva incidenza degli oneri finanziari, sono infatti escluse dagli incentivi alla patrimonializzazione. Come osservato, infatti, ad esse è riservato esclusivamente un contributo a fondo perduto, che nulla ha di “prospettico” e che stride con la denominazione del D.L. “Rilancio”.

Ora non resta che attendere l’iter di conversione del Decreto “Rilancio”, che si preannuncia tribolato e che potrebbe portare all’introduzione di correttivi, nonché il varo dei decreti attuativi necessari a rendere pienamente operative le nuove misure varate.

 

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[1] Convertito con modificazioni dalla Legge 24 aprile 2020, n. 27.

[2] Tale facoltà è prevista per:

  • per i finanziamenti fino a € 25.000 (purché non superiori al 25% del fatturato 2019 dell’azienda) mediante una garanzia del Fondo del 100%;
  • per i finanziamenti fino a € 800.000 (anch’essi fino alla soglia del 25% dei ricavi) attraverso una garanzia del 90% a cui si può cumulare la garanzia di un Confidi sul residuo 10%.

[3] Si tratta di una misura introdotta dal Decreto “Liquidità”, dato che il precedente Decreto “Cura Italia” si era limitato a sospendere l’utilizzo da parte del Fondo del modulo “andamentale”, mantenendo la valutazione del merito creditizio delle imprese richiedenti con il modulo “economico-finanziario”.

[4] Stanziamento accresciuto di ulteriori 30 miliardi di euro dall’art. 31 del D.L. Rilancio.

[5] Fatturato a livello consolidato in caso di impresa appartenente a un gruppo.

[6] Parametri anche in questo caso da considerare su base consolidata in caso di impresa appartenente a un gruppo.

[7] Limite degli aiuti previsti dal par. 3.1. del Temporary Framework, a cui concorrono cumulativamente tutti gli altri aiuti ottenuti ai sensi del medesimo paragrafo.

 

Articolo del 28 maggio 2020